Nei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare la terapia anticoagulante orale riduce la mortalità e gli eventi tromboembolici, ma il suo utilizzo è limitato


La fibrillazione atriale non-valvolare ( FANV ) è una aritmia associata a una maggiore mortalità ed eventi tromboembolici, la cui prevalenza è in progressivo aumento. Nonostante ciò solo pochi registri europei ne hanno analizzato incidenza ed impatto prognostico.

Uno studio ha cercato di definire prevalenza, comorbidità, terapia ed esito in una popolazione real-life ( vita reale ) di pazienti ambulatoriali con fibrillazione atriale non-valvolare.

Nel periodo 2009-2013 sono stati arruolati 21.282 pazienti consecutivi afferenti al Centro Cardiovascolare di Trieste.

La fibrillazione atriale non-valvolare era definita in assenza di valvulopatie moderato-severe, interventi valvolari, cardiopatia reumatica.

Gli eventi valutati nel follow-up sono stati mortalità, eventi tromboembolici ed eventi emorragici ( eventi emorragici maggiori, fatali o da richiedere emotrasfusioni con riduzione dell’emoglobina [ Hb ] maggiore o uguale a 2 g/dl ).

3398 pazienti ( 16% ) presentavano fibrillazione atriale non-valvolare ( 35.5% parossistica, 34.5% persistente, 30% permanente ). Questi pazienti rispetto a quelli in ritmo sinusale erano più anziani ( 74 vs 69 anni, p inferiore a 0.001 ), prevalentemente uomini ( 58 vs 49%, p inferiore a 0.001 ), ipertesi ( 78 vs 63%, p inferiore a 0.001 ), diabetici ( 25 vs 20%, p inferiore a 0.001 ), con storia di ictus / TIA ( 11.8 vs 4.6%, p inferiore a 0.001 ), insufficienza renale moderato-severa ( 27 vs 17%, p inferiore a 0.001 ), cardiopatia ipertensiva ( 42 vs 22%, p inferiore a 0.001 ) e scompenso cardiaco ( 17 vs 6%, p inferiore a 0.001 ); la maggior parte era in classe CHA2DS2-VASc maggiore o uguale a 2 ( 89% ) ed HAS-BLED maggiore o uguale a 3 ( 62% ).

La terapia anticoagulante orale ( TAO ) era prescritta nel 53.6% dei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare, per lo più nelle forme permanenti ( 69.5% ) rispetto alle forme persistenti ( 59% ) e parossistiche ( 34.9% ).
Il 92% dei pazienti in TAO presentava un punteggio CHA2DS2-VASc maggiore o uguale a 2 ed il 57% un HAS-BLED maggiore o uguale a 3.

A un anno di follow-up, il tasso di mortalità globale ( 6.5 vs 2.7%, p inferiore a 0.001 ), eventi tromboembolici ( 4.1 vs 1.8%, p inferiore a 0.001 ) ed eventi emorragici maggiori ( 1 vs 0.3%, p inferiore a 0.001 ) nei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare era significativamente più elevato rispetto ai pazienti in ritmo sinusale.

I pazienti con fibrillazione atriale parossistica, persistente o permanente deceduti a un anno presentavano un punteggio CHA2DS2-VASc maggiore o uguale a 2 rispettivamente nel 100%, 93%, 98%, e un punteggio HAS-BLED maggiore o uguale a 3 nell’85%, 62% e 71%.

La terapia anticoagulante orale ha ridotto la mortalità a un anno rispetto alla sola terapia antiaggregante ( 5.4 vs 8.2%, p=0.008 ) e gli eventi tromboembolici (3 vs 5.8%, p=0.001) senza incrementare gli eventi emorragici maggiori ( 0.9 vs 1.2%, p=0.46 ).

Secondo i criteri AIFA di CHA2DS2-VASc ed HASBLED per l’eleggibilità ai nuovi anticoagulanti orali ( NAO ) e di esclusione nella insufficienza renale / insufficienza epatica, 950 ( 28% ) pazienti erano eleggibili ai NAO: 392 ( 41.2% ) a Dabigatran ( Pradaxa ), 375 ( 39.5% ) ad Apixaban ( Eliquis ) e 183 ( 19.3% ) a Rivaroxaban ( Xarelto ).

Dei 436 pazienti eleggibili e non in TAO ( 45.9% ), 184 ( 42.2% ) lo erano a Dabigatran, 177 ( 40.6% ) ad Apixaban e 75 ( 17.2% ) a Rivaroxaban.

Nei pazienti real-life ambulatoriali, la fibrillazione atriale non-valvolare è associata a un’età più avanzata, maggiori comorbidità, mortalità ed eventi tromboembolici / eventi emorragici maggiori.
I punteggi CHA2DS2-VASc ed HAS-BLED predicono in modo accurato il rischio di eventi tromboembolici / eventi emorragici maggiori nella fibrillazione atriale non-valvolare.
Sebbene la terapia anticoagulante orale riduca la mortalità e gli eventi tromboembolici, il suo utilizzo è limitato da timori relativi a età, comorbidità e rischio emorragico. I nuovi anticoagulanti orali potrebbero essere una valida alternativa in molti di questi pazienti. ( Xagena_2014 )

Mazzone C et al, G Ital Cardiol 2014; 15: Suppl 2 al N 4

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